domenica 3 novembre 2013

I santi morti, i morti santi


Parto dai ricordi. Il passaggio tra ottobre e novembre era segnato da due eventi distinti, eppure nella mia mente intrecciati: il cambio dell'ora legale e la festa dei Santi e dei Morti.
Prima cosa che credo valga la pena sottolineare, è quel singolare "la festa", accostato alle due specificazioni "dei Santi", "dei Morti".
Sì perché solo abbastanza in là con gli anni ho intuito che uno era il giorno dei Santi, e uno era quello dei Morti. Prima, complice anche una sorta di allegra confusione linguistica che regnava nella mia famiglia, le due cose coesistevano, e, anzi, traevano forza l'una dall'altra. Ma su questo ritornerò più in là.
Dicevo che ora legale e Santi-Morti sembravano eventi fortemente affini. Infatti, quasi a fare da eco al grigiore autunnale, entrambi questi avvenimenti erano fortemente ambigui, quasi paradossali.
Ora legale: si dorme un'ora in più, e dopo i primi due mesi di scuola, con le levatacce mattutine che ti fanno rimpiangere le eterne dormite nelle fresche mattine di fine agosto, sembrerebbe una manna dal cielo. E invece cosa capita? Che il giorno dopo la notte piomba sul pomeriggio con precoce crudeltà, dando definitivamente avvio al buio invernale, ai pomeriggi freddi e nebbiosi, all'obbligo di starsene chiusi in casa, mentre l'erba dei prati su cui correvi fino a poche settimane prima ingiallisce, sospesa tra uno strato di foschia gelida e uno di melma ghiacciata.
Santi-Morti: è una festa, e infatti si sta a casa da scuola. Ci sono gli anni un po' sfigati, in cui il calendario è sfavorevole agli studenti, e il primo novembre capita di sabato; ci sono gli anni orribili, in cui la festività è di fatto annullata perché i Santi cadono di domenica; ci sono infine gli anni benedetti, in cui le variabili astrali creano un ponte lunghissimo, che, proprio come il cambio dell'ora legale, sembra una sorta di oasi salvifica, tra l'inizio dell'anno scolastico e il miraggio, ancora troppo lontano, del Natale. Eppure, anche qui esiste un doppio fondo amaro. Perché in primo luogo i Santi sono festa di precetto, e quindi i genitori ti sparano a messa senza tanti complimenti (ecco un motivo per cui, in fin dei conti, non mi lamentavo troppo se il primo novembre cadeva di domenica... Non esiste bene senza male, né male senza bene!); in secondo luogo la visita pomeridiana dai nonni si colora di un rituale non proprio allegro, ossia il grand-tour tra i Camposanti della provincia (se non oltre!), in cui giacciono parenti vicini, lontani o lontanissimi, nel tempo e nel vincolo di sangue.
E così il cosiddetto giorno di festa passava pigiati in macchina, con il riscaldamento che non riusciva a scacciare l'umidità della pianura veneta, con la nonna che bagola con la mamma, o anche, in alcuni rari (ma non rarissimi!) casi, con l'integrazione di una o due zie suore, che si dilungano, inevitabilmente, a ricordare questa o quella morte, il modo in cui il caro è dipartito, le magagne familiari che ha lasciato aperte, la santità assoluta della sua esistenza.

Insomma, questi Santi Morti o questi Morti Santi sono un po' agrodolci, ci permettono il riposo, ma a patto che si trovi il tempo per riflettere almeno un attimo sul grande mistero delle "cose ultime".
Da ormai una decina d'anni a questa parte il rito anglofilo e americaneggiante di Halloween sembra quasi voler fornire un anestetico carnevalesco (ma ai miei occhi, mi dispiace, un po' posticcio... sarà che sto invecchiando e non digerisco più le novità come una volta) a questi pensieri.
Il numero di adolescenti ricoverati per coma etilico nella notte di Halloween nella sola provincia di Treviso sembra voler dare ragione alla mia tesi... la visione della morte fa sempre paura, meglio annebbiare la vista nell'alcol e l'udito nel rumore assordante dei rave party.

In coda a tutto, mi piace ricordare che, fino al 1977, anche il 4 novembre era festa a tutti gli effetti. Oggi la chiamano Festa dell'unità nazionale e delle Forze armate, una volta era la Festa della Vittoria. Mi ostino a spiegare ai miei studenti cosa sia questo giorno, cosa è stata quella "Vittoria" di cui oggi non si parla molto.
Scopro, e la cosa mi pare interessante, che il 4 novembre è l'unica festa "civile" sopravvissuta (al di là dei cambiamenti di nome) indenne dal 1919 ad oggi, passando attraverso l'Italia liberale, il ventennio fascista e l'Italia repubblicana.
Insomma... avrebbe forse qualche diritto in più rispetto ad Halloween, il nostro 4 novembre, di farsi festeggiare. Ma forse, come la morte, anche il passato a volte fa paura, e si vive meglio ignorandolo.

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