Libri




2022 - "Il Moro della cima" - Einaudi Supercoralli


Da quando era poco piú di un bambino, il Moro ha una sola certezza: l'unico luogo in cui si sente al riparo dal mondo è tra i boschi di larici, i prati d'alta quota, e qualche raro alpinista... Cosí, quando gli danno in gestione un rifugio, sembra che la sua vita assuma finalmente la forma giusta. 
Ben presto in pianura si diffonde la fama di quell'uomo dai baffi scuri e la pelle bruciata dal sole, con i suoi racconti fantasiosi e le porzioni abbondanti di gallina al lardo. E in tanti salgono fin su per averlo come guida, lui che conosce come nessun altro quell'erta scoscesa di pietre bianche e taglienti. 
Ma quel rifugio è sulla cima del monte Grappa, e la Grande Guerra è alle porte. Lassú tira un'aria minacciosa: intorno al rifugio il movimento è frenetico, si costruiscono strade militari e fortificazioni, arrivano in massa le vedette, i generali, i soldati. 
E il Moro, che in montagna si sentiva al sicuro, assiste alla Storia che sfila sotto ai suoi occhi: nel 1918 il Grappa è la linea del fronte, un campo di battaglia che non tarderà a trasformarsi in un cimitero a cielo aperto e infine in un sacrario d'alta quota. 
Ma quando i fucili non fumano piú e le fanfare smettono di suonare, lui, il Moro, tornerà sulla sua cima, e davanti allo sfregio degli uomini cercherà il suo personalissimo modo di onorare la sacralità della montagna. 
Paolo Malaguti ci regala un'altra grande storia da un passato che non c'è piú, dando voce e corpo a un mondo perduto, e portandoci lassú a respirare un po' di libertà.
«Soprattutto all'alba, quando la luce è piú morbida e la pianura si svela piú ampia, e con lo sguardo arrivi fino alla curva del mare lontano: allora ti viene liscio credere che la vita possa davvero essere tutta cosí, giornate di sole e pascoli verdi».

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2020 - "Se l'acqua ride" - Einaudi Supercoralli


«Poche cose restavano chiare, nella sua mente: che Pellestrina è un’isola magnifica. Che il mare ti entra dentro piú dei fiumi. Che, soprattutto, non avrebbe mai fatto altro nella vita: il barcaro era l’arte per la quale sentiva di essere nato».

Sulla corrente dei fiumi nulla cambia mai davvero. Al timone degli affusolati burchi dal fondo piatto, da sempre i barcari trasportano merci lungo la rete di acque che si snoda da Cremona a Trieste, da Ferrara a Treviso. Quando Ganbeto sale come mozzo sulla Teresina del nonno Caronte, l’estate si fa epica e avventurosa. Sono i ruggenti anni ’60, nelle case entrano il bagno e la televisione in bianco e nero, Carosello e il maestro Manzi. I trasporti viaggiano sempre piú via terra, e i pochi burchi che ancora resistono, per ostinazione oltre che per profitto, preferiscono la sicurezza del motore ai ritmi lenti delle correnti e delle maree. Quello del barcaro è un mestiere antico, ma l’acqua non dà certezze, e molti uomini sono costretti a impiegarsi come operai nelle grandi fabbriche. A bordo della Teresina, Ganbeto si sente invincibile. Gli attracchi, le osterie, le burrasche, il mare e la laguna, le campane di piazza San Marco, i coloriti modi di dire di Caronte e i suoi cappelli estrosi, le ragazze che s’incontrano lungo le rotte. Presto, però, non potrà piú far finta di niente, lui che ha un piede nel vecchio e uno nel nuovo dovrà imparare la lezione piú dolorosa di tutte: per crescere bisogna sempre lasciare indietro qualcosa.


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2019 - "L'ultimo carnevale" - Solferino 


19 febbraio 2080. Martedì grasso. C'è nebbia, sulla laguna deserta, i turisti non sono ancora arrivati. Affluiranno appena farà giorno, pagando il biglietto e passando dai tornelli: già, perché da quando Venezia è stata dichiarata non più agibile, evacuata e trasformata in Venice Park - la più pittoresca delle attrazioni italiane - non esistono più residenti. Solo il circo quotidiano dei visitatori e degli accompagnatori, oltre a un pugno di Resistenti che vorrebbe vederla tornare viva e abitata. In questo giorno d'inverno ci sono Michele e Sandro, guardiani che pattugliano la laguna. C'è Carlo, guida turistica appena promossa (e già in un mare di guai). C'è Rebecca, la combattiva attivista disposta a trasformarsi in assassina pur di non rassegnarsi alla morte della sua città. E c'è Giobbe, un vecchio che ha perso tutto: la moglie, la casa, la memoria... ma l'unica cosa che gli è rimasta, un segreto racchiuso in un mazzo di chiavi, può cambiare il futuro. Che infatti cambierà, nell'arco di un'indimenticabile giornata di Carnevale. Allucinazione e realismo, tenerezza e mistero sono le cifre di un romanzo storico diverso da ogni altro, capace di proiettare il passato in un futuro prossimo che somiglia vertiginosamente al nostro. La città d'arte più famosa al mondo fa da scenario a un'avventura dal passo di nebbia e di tuono, in cui si muovono quattro personaggi che in modi diversi dovranno scegliere tra se stessi e Venezia.

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2018 - "Lungo la Pedemontana" - Marsilio



Vista dall’alto, la Superstrada Pedemontana è poco più di un segno che appare e scompare tra i campi e i centri abitati dell’alto Veneto. Eppure, con i suoi novantatré chilometri di gallerie, trincee e viadotti, è l’infrastruttura in costruzione più estesa d’Italia, e ha alle spalle una storia travagliata, costellata di polemiche e false partenze. La particolarità non sta però solo nelle sue dimensioni, ma nel territorio che la circonda: da Montecchio Maggiore a Spresiano, il tracciato si apre su un tessuto produttivo e sociale unico in Europa, un orizzonte ininterrotto di paesi, vigneti e fabbriche, proiettato allo stesso tempo nel futuro e legato a doppio filo alle proprie tradizioni. Paolo Malaguti, cultore e narratore di cose venete, nelle tappe che compongono questo libro ha deciso di esplorarne i margini in bicicletta, contrapponendo alla futura velocità dell’autostrada il punto di vista privilegiato della lentezza. Da questi due ritmi opposti deriva il racconto di un’opera pubblica che è un formidabile campo di metafore, cronache, vissuti e immaginari, e in cui, come i residui della Grande guerra riaffiorano dal terreno tra i campi di formenton e le villette incompiute, varie epoche sembrano coesistere nello stesso spazio. Nella tradizione degli scrittori che di questa regione hanno fatto il loro laboratorio narrativo (tra gli altri, Meneghello, Zanzotto e Rigoni Stern), il Veneto diventa così un punto di osservazione inedito sul resto del paese, in cui il coesistere di identità secolari e brusche accelerazioni sembra essere l’unica forza di cambiamento possibile.

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2017 - "Prima dell'alba" - Neri Pozza



Alle 6,30 del 27 febbraio 1931 il trillo violento del duplex manda all'aria uno dei sogni più belli, con tanto di fiammante Fiat 521 Coupé, fatti dall'ispettore Ottaviano Malossi, 32 anni, sposato da cinque, ufficiale della Polizia di Stato nella questura centrale di Firenze. Dall'altro capo del telefono il collega Vannucci gli dice che è atteso alla stazione dagli agenti della Ferroviaria... con una certa urgenza, visto che c'è di mezzo un morto. Il tempo di trangugiare l'orzo riscaldato dalla sera prima nel buio del cucinino, salutare la moglie, inforcare la bicicletta, che Malossi si ritrova al cospetto degli agenti e poi su un treno diretto a Calenzano dove, riverso sulla massicciata, sul lato esterno della linea che scende da Prato, giace il cadavere del morto in questione. Vestito in maniera seria ed elegante, il morto porta i chiari segni di una caduta: tracce di polvere biancastra sulla schiena, uno strappo alla cucitura della manica sinistra, un altro strappo all'altezza del ginocchio destro. Il volto è quello di un uomo anziano e ben curato, capigliatura candida, pizzo lungo e folto. Gli uomini accorsi per primi sul posto lo guardano con un'espressione di timore mista a reverenza.
Nel sole accecante del mattino Malossi non tarda a scoprire il perché. Le tessere della Milizia volontaria e del PNF contenute nel portafoglio del morto mostrano generalità da far tremare i polsi: Graziani Andrea, nato a Bardolino di Verona, il 15 luglio 1864, Luogotenente Generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Un caso spinoso, dunque, per cui bisogna fare presto, trovare i colpevoli, se ve ne sono, ma soprattutto consegnare quanto prima il corpo dell'eroe agli onori che la Patria vuole tributargli. Resta da chiarire, però, come Graziani sia finito riverso al suolo sulla scarpata opposta a quella di marcia del treno su cui viaggiava: si è suicidato, spiccando letteralmente un balzo fuori dal portello, oppure qualcuno, prima dell'alba, lo ha spinto con violenza giù dal convoglio? Malossi inizia a scavare con prudenza, tra resistenze, false piste e pressioni dall'alto, in un viaggio alla ricerca della verità che, dai binari della linea Prato-Firenze, lo condurrà lontano nel tempo, fino all'ottobre del 1917, sulle tracce di un fante italiano testimone silenzioso del disastro di Caporetto e, prima ancora, di una vita di trincea resa intollerabile dai massacri e dal rigore insensato di una gerarchia pronta a far pagare con la fucilazione anche la più banale infrazione del regolamento.
Nel centenario della «disfatta» di Caporetto, Paolo Malaguti compone un impeccabile romanzo che getta una luce nuova sulle scelte, di memoria e celebrazione, di oblio e censura, fatte dall'Italia «vittoriosa» attorno al mito della Grande Guerra e al destino dei troppi caduti di quella inutile strage che, a parere di molti, segnò la vera fine della civiltà europea.
Romanzo in memoria dell'artigliere Alessandro Ruffini fucilato a ventiquattro anni a Noventa Padovana il 3 novembre 1917 per un sigaro.

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2016 - "Nuovo sillabario veneto" - BEAT


Che cos'è il Veneto? Uno spazio geografico? Una lingua destinata forse a vivere, forse a morire? O soltanto un ricordo, un miraggio di qualcosa che non c'è più? A cinque anni dall'uscita di Sillabario veneto. Viaggio sentimentale tra le parole venete, Paolo Malaguti torna a confrontarsi con queste domande, e lo fa partendo da una trentina di nuove parole del suo Veneto, quello che gli è arrivato, nonostante le censure di genitori e nonni per un codice del quale talvolta ci si vergognava, come l'ultimo rivolo di un fiume progressivamente prosciugatosi negli ultimi 40 anni. Bunigolo, Bronsa, Fruare, Imbacucà, Incoconare, Magón, Pampalugo, Pirón, Pitaro, Pocio, Sbrego, Sproto, Strucón, Suca baruca sono solo alcuni dei termini da cui l'autore parte per un viaggio dall'esito imprevedibile, sospeso tra etimologia, storia, memoria collettiva ed esilaranti episodi familiari. Trenta storie che compongono un racconto nostalgico ma scanzonato sul Veneto (e sui veneti) di ieri e di oggi.
«Un sillabario dei profumi antichi in cui la ricostruzione etimologica lascia il passo alle emozioni».
Il Gazzettino
«La mappa di un piccolo mondo che ha perso la memoria Sillabario giocoso del Veneto orfano».
Corriere del Veneto

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2015 - "La reliquia di Costantinopoli" - Neri Pozza



1565, Venezia. Il sole non lambisce ancora il camposanto di San Zaccaria, quando il vecchio Giovanni si cala nella tomba del chierico Gregorio Eparco, il suo antico tutore, appena riesumata dai pissegamorti in cambio di tre ducati. Non vuole trafugare la bara di legno marcio o le ossa ricoperte di lanugine e muffa. Sta cercando un libercolo. Un diario «avvolto in una pezza di tela cerata, sigillata da un nastro nero», che lui stesso, cinquantanni prima, ha nascosto sotto la nuca del maestro, dopo aver giurato di non sfogliarlo né di farne parola con nessuno.
Il giuramento, però, ora può essere infranto, poiché le annotazioni contenute in quellinvolucro sono lunico indizio in grado di condurre ad alcune preziosissime reliquie cristiane andate perdute.
Il diario si apre nel 1452, quando Gregorio «la barba folta e nera» e un «fisico più da rematore che da mercante» giunge ad Adrianopoli insieme con il suo socio daffari, lebreo-veneziano Malachia Bassan.
La città, strappata a Venezia dagli Ottomani un secolo prima, offre uno spettacolo raccapricciante agli occhi dei due giovani mercanti. Ventotto marinai di una galea da mercado della Serenissima, accusata di aver disubbidito agli ordini provenienti dalla fortezza di Boghaz-kesen, fatta costruire da Maometto II per controllare il traffico sul Bosforo, sono stati torturati, uccisi e lasciati alla mercé dei cani nelle pubbliche vie.
Lintento del giovane Sultano, un ragazzo di diciannove anni magro e pallido, è chiaro: offrire una dimostrazione di forza prima di cingere dassedio la città che, per i cristiani, è la madre e la guida di tutto il mondo, lancella stessa del Padre: Costantinopoli, larca di santità che custodisce il maggior numero di reliquie cristiane.
Mentre uno sparuto esercito di genovesi, greci e veneziani tenta di respingere lassalto dei turchi, Gregorio ha unidea: recuperare tutti «i frammenti di Paradiso» appartenuti ai santi e disseminati nelle chiese, nei sotterranei e dentro il Grande Palazzo imperiale di Costantinopoli, per salvare in tal modo la Cristianità. Unidea allettante anche per Malachia Bassan, nella cui mente si affaccia il pensiero che, male che vada, quelle reliquie così preziose possono pur sempre essere vendute.
Così tra imboscate, fughe ed enigmi, i due giovani mercanti si accingono allimpresa
Con una documentazione sterminata capace di riprodurre fedelmente larchitettura di Costantinopoli cinta dassedio dagli Ottomani e le strategie militari, le lingue, i culti e i costumi dellepoca, Paolo Malaguti scrive un romanzo davventura dallinarrestabile tensione narrativa. E ci consegna due protagonisti memorabili, figli del XV secolo: il saggio e ossequioso chierico Gregorio e limprevedibile ebreo Malachia.

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2013 - "I mercanti di stampe proibite" - Santi Quaranta



I protagonisti di questa storia affascinante, che si svolge negli anni sessanta e settanta del Settecento, sono i piccoli mercanti girovaghi che commerciavano le stampe popolari dei Remondini di Bassano. Partivano soprattutto dal Tesino, una terra di montagna fra Trentino e Veneto sovrastante la Valsugana, e attraversavano tutta l`Europa giungendo perfino in America Latina, con in spalla la cassala di legno contenente le loro mercanzie. Erano chiamati anche perteganti perché si appoggiavano nei loro lunghi viaggi a piedi a un pertego, ovvero a un bastone. Essi sono, in questo straordinario romanzo, Sebastiano Gecele, il figlio Antonio e il Grimo, ormai anziano: vendono in particolare i cosiddetti straloci, stampe che raffigurano la Vergine e i Santi in modo spesso imperfetto, così da far risultare l`espressione degli occhi strabica; però, talvolta, accolgono nelle loro cassele stampe proibite o satiriche contro i regnanti dell`epoca.
I mercanti di stampe proibite di Paolo Malaguti è dunque un`opera narrativa, fortemente avvincente, che si snoda soprattutto su due direttrici: nell`ambito della Storia, coinvolgendo i Gesuiti, re Carlo III di Spagna, Maria Teresa d`Austria, la Francia, Venezia, i Savoia, Papa Clemente XIV; nell`ambito invece della piccola storia, descrivendo la vita quotidiana dei merciai ambulanti tesini, gli affetti familiari e la toccante storia d`amore che intercorre tra Antonio e Anne, la graziosa ragazza francese di Deuxville. A sé sta il marsigliese Bonnardel, grosso mercante di stampe, libri e lunari, che è figura centrale in questo romanzo; egli è avido, infido, faccendiere: gli preme soltanto il denaro. Ha un intenso rapporto commerciale con la celebre stamperia dei Remondini, una delle più grandi realtà imprenditoriali della Repubblica veneta del tempo.
Paolo Malaguti arricchisce, qui, la sua narrativa di nuovi e diversi registri. Alle capacità affabulatorie e sentimentali, a quelle popolaresche e giocose della cultura orale veneta, che avevano caratterizzato le sue due precedenti opere, si aggiungono altre qualità: il romanzo, infatti, è contraddistinto da un realismo descrittivo e psicologico attento ai minimi particolari; da un epos dei semplici e degli umili che fa da contrappunto all`arroganza e alla violenza dei potenti; dalla suspense, dall`intrigo e dai colpi di scena; da una misteriosità che coinvolge e appassiona il lettore. Inoltre le vicende esilaranti e rocambolesche, attraversate da un gusto maccheronico spassosissimo, mostrano una forza, visiva visionaria e insieme lirica, finora sconosciuta. La lingua è mirabilmente ‘contaminata` dal caratteristico dialetto tesino e dall`idioma veneto. I mercanti di stampe proibite consacra definitivamente un narratore di prima grandezza.

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2011 - "Sillabario veneto" - Santi Quaranta



Il giovane scrittore padovano ha il dono spontaneo e felice della narrazione, che è insieme affabile e suggestiva, come ha dimostrato nel fortunato romanzo Sul Grappa dopo la vittoria, la sua opera prima. In questo sillabario si distende incisiva e coinvolgente l`oralità veneta che viene da secoli di profonda e accattivante tessitura, da scrigni di affabulazione intensi e misteriosi. Malaguti, però, ha anche il dono della "scena"; sa immettere nella vita – con il teatro della vita – le sue parole venete, i suoi cavalieri che vengono al trotto dai territori della fiaba, ma pure dal crudo continente dell`esistenza. Il suo gustosissimo, raffinato e popolaresco Sillabario veneto porta sulla scena uno stuolo di voci briose e ammiccanti, un corteggio di personaggi erranti e picareschi: vengono dalla saggezza popolare delle Venezie, dal filò, dai teatrini dell`aia e del cortile di casa; ma vengono anche da una grande cultura antica del riso che spiazza e coinvolge, facendo intravedere le orme rusticali e motteggianti di Teofilo Folengo, gli indizi disincantati e ridenti dell`Orlando furioso, o le atmosfere garbate, lievemente maliziose e pacificanti del Goldoni. Le voci venete di Malaguti, qui raccolte con estro, bravura e agilità, non si fanno dizionario didattico, piccola summa dimostrativa del vernacolo; diventano invece racconto godibile per ogni vocabolo introdotto, parlata domestica esuberante e collettiva, teatro-filò fluente e festoso; un giardino di fiori, piante ed erbe diverse, l`amarcord penetrante e poetico di una civiltà orale che non c`è più.
Si tratta, insomma, di un`opera segnata da un forte senso comunitario e da una coralità d`insieme, un singolarissimo diario veneto, in cui trovano posto il ritratto di una Padova familiare e amabile e il riquadro ammirato per una Treviso vivissima, colma di acque e di risorgive; con una lingua di una bellezza spesso sfolgorante e savia. Il lettore ne resterà ammaliato.

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2009 - "Sul Grappa dopo la vittoria" - Santi Quaranta



Dopo la fine della grande guerra, un ragazzo sale sul Monte Grappa, per ordine del padre, a recuperare rame, piombo, viveri in scatola; il proposito è quello di aiutare la famiglia in ristrettezze economiche, in realtà le ‘escursioni` del giovane recuperante sono un viaggio di maturazione che gli fa conoscere profondamente la vita.
Il Grappa s`impone attraverso tutto il romanzo come un gigante inerme: come orizzonte della tradizione contadina comunitaria, arcadia dei malgari, poi come campo di battaglia dove i militari distruggono e uccidono. Quindi come immenso serbatoio di raccolta e recupero di materiali, presidiato dall`esercito italiano; come monte sacro alla patria voluto dal fascismo. Infine come Monte naturale al quale ritornano i gufi e i corvi reali dopo la bufera, e dove riprende la vita semplice e vera animata dallo sbocciare dei fiori di montagna.
Il romanzo, in prima persona, è di una bellezza narrativa sorprendente: piano e suggestivo, attraversato da riflessioni incisive, dal continuo inserirsi della parlata veneta che alimenta uno humour popolaresco che fa schiettamente sorridere e ridere. è poi romanzo comunitario di una terra e di una gente, ancora contadine, con personaggi di forte impatto come don Sante, la Cueatona e Moro Frun, e che riserva un posto privilegiato a Bassano, "la città dei signori e delle torri".

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